CARISMI E IDENTITA’ programma spiritualità Radio Laghi a cura dell’Ordo Virginum

 CARISMI E IDENTITA’   programma spiritualità  Radio Laghi a cura dell’Ordo Virginum

 

1 puntata : PRESENTAZIONE DEL CARISMA DELLA VERGINITA’ CONSACRATA

 

Carissimi ascoltatori, benvenuti a questo nuovo appuntamento di spiritualità condotto da me, Monica, consacrata nell’Ordo Virginum della diocesi di Mantova. Gli argomenti di queste semplici e brevi puntate, con le quali spero tenervi compagnia nelle prossime settimane, saranno le caratteristiche proprie del carisma dell’Ordo Virginum, che è presente in oltre 70 diocesi italiane e poi a livello internazionale in numerosi paesi, in modo tale da farvi conoscere un po’ meglio questa realtà della Chiesa e riflettere su come queste stesse realtà e carismi fondanti per l’identità  di noi consacrate possano essere presenti e vissute nella vita quotidiana, secondo varie modalità, anche di ogni cristiano. Come disse il Beato Papa Giovanni Paolo II  in occasione di un importante incontro con una delegazione di consacrate, “ è motivo di gioia e di speranza vedere rifiorire l’ordine delle Vergini, testimoniato fin dai tempi apostolici: consacrate dal vescovo, esse acquisiscono un particolare vincolo con la Chiesa locale, servendola nel mondo e rappresentando una speciale immagine della vita celeste futura, quando l’umanità vivrà in pienezza l’amore per Cristo”.

La Consecratio Virginum è il più antico rito di consacrazione della donna nella chiesa e risale ai primi secoli del cristianesimo; essa assume senso pieno nel Nuovo Testamento, il quale dice  parole nuove sulla verginità, che non erano presenti nell’Antico Patto, cioè la scelta di vita di Gesù, il suo invito ad essere “ eunuchi per il Regno”, l’esempio di Maria e gli scritti di San Paolo, che mettono in risalto il senso escatologico e sponsale della Verginità.

Nelle prime comunità cristiane emerse chiaramente che la verginità era un modo di vivere l’adesione totale a Cristo. Anche i Padri della Chiesa sottolinearono nei loro scritti il valore di tale scelta, consolidandone la pratica. Nei poemi dogmatici “ Sulla Verginità “ di Gregorio Nazianzeno, per esempio, si legge: “ Il matrimonio è suggello di un affetto infrangibile: quelli che nella carne si uniscono, fanno un’anima sola e col loro mutuo amore insieme affilano la punta della fede. A ciò risponde il vergine:” il pregio di questa via io agli altri lo lascio, ma per me c’è una sola legge, un sol pensiero: che pieno di amore divino io parta da qui verso il Dio che regna  nel cielo, il Creatore della luce, perché a lui solo mi sono legato d’amore”.

Durante l’epoca medievale, tale forma di donazione era vissuta solo nei monasteri, mentre nel ventesimo secolo la vita consacrata femminile trovò nuove modalità di espressione favorite dall’attenzione all’apostolato dei laici, dall’estendersi del movimento liturgico e dal nuovo modo di porsi della donna nella società e nella Chiesa. Inizialmente donne secolari formularono il proprio proposito di castità nelle mani del confessore, poi, con il Concilio Vaticano II si rese possibile la celebrazione pubblica della Consecratio Virginum presieduta dal vescovo locale per quelle donne che rimangono inserite nel tessuto sociale della comunità cristiana locale. Il Concilio promosse anche un rinnovamento dei riti con i quali viene abbracciata la vita consacrata: così la Costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium al n. 80 dispone la revisione del Rito della Consecratio Virginum e in attuazione di ciò nel periodo post conciliare venne redatto il nuovo Ordo Consecrationis Virginum, promulgato  il 31 maggio 1970 con l’approvazione di Papa Paolo VI. Il nuovo Codice di Diritto Canonico ha poi dedicato il Canone 604 a questa forma di vita, favorendone una più ampia conoscenza: da allora le consacrazioni vengono celebrate con maggior coinvolgimento e preparazione delle comunità locali, rendendo più visibile il carisma evangelico della verginità vissuta nelle condizioni di tutti i cristiani.

S.Agostino , ne “ La Verginità consacrata”, scrive: “ Voi che avete ricusato di contrarre nozze con uomini, da cui avreste generato degli uomini, ricordatevi di amare con tutto il cuore colui che, tra i figli degli uomini, è il più bello. Ne avete ogni agio, essendo il vostro cuore libero da legami di nozze. Considerate la bellezza di colui che amate: pensatelo uguale al Padre e obbediente alla madre, Signore del cielo e servo qui in terra…Non vi è consentito di amare con tiepidezza colui per amore del quale ricusate un amore umano che pure era legittimo”.

Ecco qiundi che la verginità è vissuta e intesa sì come castità del corpo per amare con tutta se stessa Dio in modo indiviso e dedicarsi a tutti i fratelli senza legarsi con vincoli particolari ad uno di essi, ma anche e soprattutto come apertura  al Regno, respiro ampio dell’anima, che si allarga dalle realtà corporali e materiali a quelle più spirituali, apertura a quel desiderio d’infinito e d’amore che trova pieno compimento  e forza nell’Amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Con la consacrazione, la verginità è assunta come condizione stabile e definitiva di vita: vivere dell’amore fedele di Dio significa rispondere con la propria fedeltà, con la custodia del cuoree dei sensi, con la piena e libera adesione al Regno. La verginità dunque dice in qualche modo la natura stessa dell’essere umano, il suo carattere verginale, in quanto viene da Dio ed è orientato verso Dio; significa quel riferimento diretto, immediato della creatura con il suo Creatore, è l’espressione dell’umanità creata da Dio, in cammino con Dio e destinata a tornare a Lui. Significa rendere libero il cuore per dedicarsi alla carità verso Dio e i fratelli testimoniando che nel cuore di ogni essere umano c’è una sete e uno spazio che solo l’amore di Dio possono riempire e vivificare.

Il carisma verginale sprigiona quindi grande ricchezza e forza e va compreso non come rinuncia o mortificazione, ma piuttosto come apertura all’Alto e all’Altro. Nel vangelo di Matteo, Gesù dice: “ Non tutti capiscono questa parola, ma solo coloro ai quali è stato concesso: infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il Regno dei cieli ..chi può capire, capisca”.  E ancora : “ Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me, chi ama il figlio o la figlia più di me , non è degno di me, chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me…chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà”. Sono parole forti, che vanno comprese nella loro profonda verità: amare il padre, la madre e i figli è giusto e doveroso, ma occorre quel distacco e quella reciproca libertà per cui le persone non ci appartengono, ma ci vengono affidate e dobbiamo amarle, servirle e rispettarle innanzitutto perché “ figli di Dio”, cioè “per causa del vangelo”, senza anteporre nulla all’Amore di Dio quale luce della vita.

Nella verginità consacrata si condivide la donazione di Gesù vivendo nella carità fraterna con slancio e impegno, cogliendo ogni occasione che il Signore pone davanti nel cammino quotidiano per servire senza paura.  

Nella preghiera di consacrazione presente nel Rito si legge: “ Sii Tu per loro la gioia, l’onore e l’unico volere, sii Tu il sollievo nell’afflizione, sii Tu il consiglio nell’incertezza, sii Tu la difesa nel pericolo, la pazienza nella prova, l’abbondanza nella povertà, il cibo nel digiuno, lla medicina nell’infermità. In Te Signore possiedano tutto, poiché hanno scelto te solo al di sopra di tutto”. Verginità è riconoscere la grandezza dell’amore ricevuto, e proprio di fronte a tale constatazione si scopre di non poter fare altro che offrire la propria vita come risposta naturale all’amore spropositato ricevuto, alla straordinaria benevolenza divina. Allora diventa espressione piena dell’amore “ricevuto” che diviene amore “dato” , della coincidenza di due amori, della libertà di ricevere e di dare affetto. vissuta nella gioia, a testimonianza che il Signore ripaga bene, “ cento volte tanto”,che al suo servizio si possono annodare nuovi vincoli di fraternità, che il donarsi a Lui porta anche gratificazioni umane e spirituali impensabili.

LA verginità ricorda che Dio è all’inizio di ogni amore umano, anzi rammenta che Dio è il naturale punto d’arrivo, il vero interlocutore dell’amore umano; è un percorso anche di educazione dell’affettività per imparare ogni giorno ad amare ogni creatura con il cuore, l’ordine e la libertà con cui siamo amati da Dio.  Per poter comprendere e vivere sempre meglio la verginità, occorre identificare ciò che in qualche modo può creare disordine, le proprie immaturità affettive, quel bisogno egoistico di catturare affetto o benevolenza, quegli impulsi a gratificarsi senza aprirsi agli altri…occorre mettere ordine educandosi al pudore, alla continenza e  alla castità alla sequela di Cristo. Verginità a livello teologico significa donazione totale a Cristo: così ogni persona, seppure con modalità differenti a seconda del proprio stato di vita, è chiamata a scoprire e vivere uno speciale e unico rapporto col Signore per trovare senso alla propria vicenda umana e ragioni di gioia, speranza e libertà. La verginità poi, come ci testimoniano la vita di Gesù, della Madonna, di tante Sante Vergini e della Chiesa, è sempre collegata all’essere sposa e madre; si potrebbe fare ancora tantissime riflessioni su questo carisma, e i testi di S.Ambrogio e di S.Agostino son ottimi esempi e letture che vi consiglio, ma per oggi il tempo a nostra disposizione sta terminando. Continueremo la prossima settimana ad approfondire l’identità della vergine sposa e madre  e per chi volesse ulteriori spunti potete consultare il nostro sitohttp://ordovirginummantova.altervista.orgAuguro a tutti un sereno proseguimento di giornata e vi do appuntamento alla prossima settimana. Arrivederci!

 

2 puntata : LA  SPONSALITA

Carissimi ascoltatori, ben trovati a tutti. In questo nostro appuntamento odierno di “ Carismi e Identità”  vorrei approfondire con voi il significato della Sponsalità nell’identità della vergine consacrata secondo il rito della Consecratio Virginum e riflettere insieme su cosa possa significare oggi per ogni cristiano “ sposare Cristo” e la sua missione nel mondo. Cristo può essere definito lo Sposo Assoluto e lo dichiara Egli stesso nel vangelo. Nella parabola del regno si può riconoscre in Gesù lo sposo: si tratta infatti delle nozze che il Padre organizza per suo figlio. Le due parabole della vigilanza raccomandano di essere preparati per la venuta dello Sposo: i servi devono vegliare per attendere il loro Maestro al suo ritorno dalle nozze, per aprirgli subito, appena Egli arriva e bussa, e le dieci vergini devono avere olio sufficiente per le loro lampade per accogliere lo Sposo ed entrare con Lui alle nozze. Particolarmente nel vangelo di

Giovanni è presente la nuzialità: infatti Gesù è presentato da Giovanni Battista che, con riferimento anche al libro di Rut, non può togliere i sandali per sottrargli la sposa, cioè l’immagine dello “sciogliere i sandali” è un’immagine nuziale che significa “appartenenza”. In diversi passi Giovanni presenta Gesù come lo Sposo: non a caso l’evangelista sceglie di far cominciare il ministero pubblico di Gesù a Cana, dove si svolge uno sposalizio, termine che richiama il matrimonio di Gesù con l’umanità. Anche la sosta di Gesù in Samaria presso il pozzo di Giacobbe assume un carattere sponsale, perché nella tradizione biblica il pozzo era un luogo di fidanzamento. Lì Gesù cerca di far uscire la donna/sposa dall’idolatria del desiderio fisico/affettivo per farle intravvedere la possibilità di estinguere definitivamente la sua sete di relazioni attraverso l’acqua viva che è Lui stesso. Anche la lavanda dei piedi ha reminiscenze bibliche in chiave nuziale: è il gesto della schiava Abigail che viene presa in moglie dal re Davide, della unione sponsale nell’episodio di Uria e Betsabea e poi del Cantico dei Cantici, che esprime il senso di Cristo Sposo dell’umanità. Se quindi nell’incontro precedente abbiamo visto che la vergine consacrata ri chiama la transitorietà delle realtà terrene, è anticipazione dei beni futuri e pellegrina verso il Regno insieme ai fratelli e alle sorelle, oggi vediamo che essa si identifica anche con quella sposa che, insieme allo Spirito, invoca la venuta del Signore: “ Lo  Spirito e la sposa dicono : Vieni!”.

Nei Riti Esplicativi della consacrazione, la vergine riceve l’anello come segno delle mistiche nozze con Cristo e si impegna a custodire integra la fedeltà allo Sposo per essere accolta nella gioia del convito eterno, mentre la preghiera recita così: “ Alla luce dell’eterna sapienza, o Dio, hai fatto comprendere che, mentre rimaneva intatto il valore e l’onore delle nozze, santificate dalla tua benedizione secondo il tuo provvidenziale disegno, dovevano sorgere donne vergini che, pur rinunziando al matrimonio, aspirassero a possederne nell’intimo la realtà del mistero; così Tu le chiami a realizzare, aldilà dell’unione coniugale, il vincolo sponsale con Cristo, di cui le nozze sono immagine e segno”.

 Il carisma dell’Ordo Virginum nella sua dimensione sponsale ha poi certamente il suo riferimento teologico nell’immagine della Chiesa Sposa, che è ben sottolineata dal Concilio Vaticano II. Nella Lumen Gentium, la chiesa viene descritta come l’immacolata Sposa dell’Agnello Immacolato, sposa che Cristo ha amato e per essa ha dato se stesso al fine di santificarla, sposa che si è associata con patto indissolubile, che incessantemente nutre e cura, che, dopo averla purificata, volle a sé congiunta e soggetta nell’amore e nella fedeltà. Il mistero dell’incarnazione di Gesù è stato letto dai santi Padri in chiave sponsale sulla scia dell’interpretazione data dall’apostolo Paolo alla morte del Signore: “ Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”. Anche la Risurrezione è stata vista come incontro di nozze tra il Risorto e la sua nuova comunità messianica, e la veglia pasquale è stata celebrata come “notte nuziale” della Chiesa. Possiamo notare una certa corrispondenza letterale tra le ultime pagine dell’Apocalisse, che chiude il Nuovo Testamento, e il Cantico dei Cantici, che sembra chiudere l’Antico, perché la vita d’Israele e la vita della Chiesa terminano quaggiù in un uguale sospiro, in un invito pieno d’amore in cui la Sposa dice “Vieni, mio diletto, vieni!” ed è il grido che ella eleva ancora lungo il corso dei secoli mentre tende alla fine di tutte le cose terrene: “Sì, vieni, Signore Gesù!” . Un medesimo amore lega l’Antico al Nuovo ed è l’amore di Dio che discende, s’incontra con l’umanità, la sceglie come sua Sposa.

Colei che riceve la consacrazione verginale partecipa a questo mistero nuziale in virtù di un dono particolare e di una chiamata personale, alla quale essa risponde attivamente, donandosi  a Cristo in modo totale e perpetuo e soprattutto in forza di un particolare intervento dello Spirito Santo invocato dalla Chiesa che la consacra con una nuova unzione spirituale e la rende Sposa di Cristo.

Questa partecipazione alla sponsalità, in quanto affonda le sue radici nel battesimo, và  riscoperta e valorizzata per ogni fedele in quanto appartenente alla Chiesa che il divino Maestro fondò e volle vergine, sposa e madre, cioè “ vergine per l’integrità della fede, madre per la moltitudine dei figli , sposa per l’indissolubile unione con Cristo”. Nella “Mulieris Dignitatem”, il Beato Papa Giovanni Paolo II scriveva: “ Nella vergnità liberamente scelta la donna conferma se stessa come persona, come creatura che il padre sin dall’inizio ha voluto per se stesso, e contemporaneamente realizza la propria femminilità diventando un dono sincero per Dio che siè rivelato in Cristo, un dono per Cristo Redentore dell’uomo e Sposo delle anime”.

Questa sponsalità con Cristo è l’esperienza e la testimonianza che solo Dio può riempire la vita: è lo stupore per un amore così grande che avvolge tutta la persona, è il vivere già sulla terra quella comunione profonda e totale con Cristo di cui il matrimonio cristiano è un segno, ma che tutti nella Chiesa sono chiamati a realizzare in modo pieno nel Regno. Conoscere Gesù comporta innamorarsi ogni giorno di più della vita, mettendosi sempre in atteggiamento di ascolto e accostando sempre con profondo rispetto ogni fratello che si incontra nel cammino, per aiutarlo a scoprire e liberare tutte le possibilità di vita vera che il Signore gli ha affidato. L’amore sponsale tende a far sì che l’amata assuma i sentimenti e lo stile di vita dell’amato e ne condivida gli impegni e le preoccupazioni. Nel caso della vergine consacrata emerge in maniera evidente che Cristo Sposo chiama a dargli il primo posto nel cuore di ogni creatura per spazio al suo amore e imparare da Lui ad amare tutti come Lui li ama. Lo Sposo asooluto, che non ha rifiutato le fatiche e la croce, che è venuto per servire e non per essere servito, che con pazienza, fermezza , ma anche tanta tenerezza ha condiviso il percorso umano con i suoi discepoli, ha insegnato, operato guarigioni, ha diffuso pace, speranza e fiducia nel Padre, invita alle nozze le vergini, ma in questa chiamata vuol far risplendere la sua sponsalità e donazione per tutta l’umanità. Ecco quindi aprirsi un cammino alla sequela dello Sposo che deve accomunare le persone consacrate e le coppie di sposi cristiani uniti nel vincolo del matrimonio: non contrapposizione, bensì complementarietà, aiuto reciproco i cui una vocazione parla all’altra e insieme rappresentano un riflesso dell’amore di Dio e nel dialogo, nella conoscenza si arricchiscono e colgono meglio la grandezza dei doni  divini. Per le coppie di sposi deve essere fonte di gioia, coraggio, apertura alla vita e forza per affrontare serenamente il cammino quotidiano sapere che Gesù è presente nel loro essere sposi come Sposo eterno e fedele, è la roccia, il centro su cui costruire la famiglia, il consigliere per tutte le scelte. E’ aprire orizzonti più vasti che impediscono il ripiegamento su  se stessi, lo scoraggiamento, l’egoismo…è presenza che mette ordine negli affetti, nella sessualità e in tutte le relazioni, affinchè siano purificate e guidate verso i fini più alti e degni.

La sponsalità parla a tutti e con delicatezza accosta le persone sole,  anziane,  vedove affermando la presenza eterna di uno Sposo sempre fedele cha mai abbandona, anzi, chiama sempre a uscire da sé con ragioni nuove di speranza e carità. Per igiovani alla ricerca del senso dell’esistenza, pieni di energie e ricchi di potenzialità, ma talvolta dubbiosi, distratti , storditi da tante proposte mondane o timorosi verso scelte definitive, il “per sempre” di Gesù Sposo deve diventare fonte di verità e fiducia, coraggio e decisioni nella gioia cristiana.

Scoprire questa relazione profonda con Gesù in cui deporre tutto, la volontà , il cuore, la mente, gli affetti, gli impegni, perché si compia la Sua volontà, diventa la sorgente della vita, della pace e della libertà interiori attraverso cui realizzare pienamente il progetto di vita. Come scrive S.Agostino nel “ De Sancta Virginitate”: “ l’unica gioia della vergine sarà Cristo: gioia a proposito di Cristo,  gioia in  Cristo, gioia con Cristo, gioia al seguito di Cristo, gioia per mezzo di Cristo, gioia a causa di Cristo”. Questo può essere tradotto per tutti come invito a passare dalla teoria alla vita pratica, a costruire su Gesù tutta la nostra esistenza e contribuire a renderlo sposo delle nostre comunità essendo fecondi annunciatori della Sua salvezza.

Si  potrebbe dire molto altro sulla sponsalità, ma il tempo a nostra disposizione non lo permette e del resto in questa puntata volevamo offrire alcuni spunti di riflessione e conoscenza, mentre per chi volesse approfondire ci sono molti testi e documenti della Chiesa, appunto Sposa di Cristo.. Con questo vi saluto, vi ricordo il nostro sito http://ordovirginummantova.altervista.org per lasciare un vostro commento o chiedere informazioni, e vi do appuntamento alla prossima settimana. Serene giornate a tutti e arrivederci!

 

 

3 puntata : LA MATERNITA

Cari ascoltatori, bentornati al nostro appuntamento radiofonico di approfondimento dei carismi e dell’identità della verginità consacrata secondo il Rito della Consecratio Virginum per conoscere  meglio questa realtà ecclesiale che è l’Ordo Virginum e riflettere insieme su come queste realtà e questi doni siano da valorizzare anche nella vita quotidiana, secondo varie modalità, di ogni credente. Oggi concentreremo la nostra attenzione sulla dimensione della maternità spirituale: come avviene per Maria e per la Chiesa, la vergine è tale per diventare sposa e quindi madre dei figli di Dio. Come questo avvenga, è ben espresso nella Lettera enciclica Redemptoris Mater del Beato Giovanni Paolo II al n.46 dove si legge: “ Alla luce di Maria, la Chiesa legge sul volto della donna i riflessi di una bellezza che è specchio dei più alti sentimenti di cui è capace il cuore umano: la totalità oblativa dell’amore, la forza che sa resistere ai dolori più grandi, la fedeltà illimitata e l’operosità instancabile, la capacità di coniugare l’intuizione penetrante con la parola di sostegno e incoraggiamento”. Il modello sublime di ogni maternità è la Vergine Maria e, ad imitazione di lei e di Cristo, ogni donna è chiamata a viverla ed esercitarla con generosità e umiltà nella preghiera,nella famiglia, nella vita apostolica, nelle attività professionali e pastorali, in tutte le situazioni e con tutte le persone che incontra nel cammino quotidiano. Solo ricevendo l’amore che viene da Gesù ci si può arricchire dei doni della maternità e fecondità spirituali, ci si può rendere attenti ai  bisogni dei fratelli facendosi carico delle loro necessità spirituali e materiali in un atteggiamento di disponibilità, ascolto, accoglienza, rispetto, tenerezza, vicinanza e aiuto fraterno. Ogni donna nasconde nel cuore, se così possiamo dire, un potenziale materno. La rinuncia alla maternità fisica può anche significare un sacrificio per il cuore della vergine, ma quell’amore che si fa dono con cui lo Spirito Santo la dispone verso gli altri la apre all’esperienza meravigliosa “ maternità secondo lo Spirito”. Come scriveva S.Agostino, “ le vergini non devono rammaricarsi se non possono diventare madri in senso fisico..caso unico in cui fu conveniente che la verginità partorisse fu quello di colei che non avrebbe dovuto avere l’eguale. Del resto, il parto della Santa Vergine è una gloria di tutte le vergini che diventano, in Maria, madri di Cristo, a condizione però che facciano sempre la volontà del Padre. E’ infatti a questo titolo che Maria è madre nel senso più encomiabile e felice, perché adempì la volontà del Padre”.

Se consideriamo e meditiamo la preghiera del Magnificat possiamo coglierne la gioia e lo stupore per quel Dio Padre e per le opere che Egli compie nella storia degli umili e dei poveri, rovesciando coloro che credono di non aver bisogno di nessuno e persino di fare a meno di Dio; possiamo cogliere l’adesione piena ai disegni divini che nasce dall’ascolto, dal conservare nel cuore i fatti della vita, dall’attendere che essi manifestino a poco a poco il loro messaggio più vero.Ai piedi della croce, poi, Gesù affida alla Madre i suoi discepoli, lasciando quindi facilmente intuire che il compito affidato a Maria sia quello di continuare ad esercitare la sua maternità nelle forme ogni volta nuove che la storia provocherà. Il compito affidato a Maria, e con Lei a tutte le donne, che seguono Gesù, è un compito “ generativo” nella comunità, dove l’esperienza della generazione, che è inscritta nel corpo della donna e nella sua anima, fa dell’amore che dona la vita quel tratto caratteristico che informa di sé  il pensiero, le relazioni, gli atteggiamenti, il rapporto con la realtà. La maternità è “amore che si dona” e al tempo stesso “ dolore fecondo” che genera alla libertà.

La vocazione della donna è una particolare responsabilità per l’umanità, in quanto, come si legge nella Mulieris Dignitatem, “ Dio le affida in modo speciale l’uomo, l’essere umano; naturalmente Dio affida ogni uomo a tutti e a ciascuno, tuttavia questo affidamento riguarda in modo speciale la donna, proprio a motivo della sua femminilità, ed esso decide in particolare della sua vocazione”. L’esperienza della generazione, sia fisica sia spirituale, risulta quasi il paradigma e il senso pieno della vita della donna, del suo rapporto con la realtà, con se stessa e con gli altri, e può racchiudere simbolicamente la sua vocazione e la sua missione per la chiesa e per il mondo, generando una società più materna.

Le persone del nostro tempo, spesso affaticate, svuotate da una vita frenetica dove rischiano di perdere i punti di riferimento più importanti e veri, chiedono, anche se talvolta in maniera inconscia, un volto di madre che sappia amare, accogliere, infondere speranza, incoraggiare,  offrire una forza nuova, uno slancio che nasce dalla fiducia nel sapersi amati dal Padre. Il nostro è un tempo che ha bisogno di riscoprire e costruire sulla roccia vera di un amore oblativo e perciò  ha bisogno di una Chiesa che esprima in tutte le modulazioni possibili la sinfonia di un Amore che dà orizzonte di senso alla vita, che fa percepire l’esistenza umana come preziosa per Qualcuno, generando così nel cuore una fiducia nel Bene, che diventa il motore per l’esistenza quotidiana. Se Papa Benedetto XVI nella “Spe Salvi” afferma che “ non sarà la scienza a salvare l’umanità, ma piuttosto un grande Amore”, senza nulla togliere al valore della ricerca scientifica pur fondamentale, potremmo aggiungere che non saranno il benessere, le strategie, le diplomazie, le speculazioni, il denaro a salvare le persone e riempire il vuoto nei cuori di tanti, ma soprattutto l’esperienza, l’incontro e la certezza di essere amati. Allora anche la Chiesa tutta è chiamata ad essere “ il buon samaritano” che versa sulle ferite della vita il balsamo della speranza se saprà accostarsi a ciascuno con cuore di madre, disposta sempre ad ascoltare, capire, perdonare, rigenerare, mostrare i grandi orizzonti verso cui tende l’impegno quotidiano, aldilà dei successi o insuccessi umani.

La donna è chiamata ad essere madre generando questo tipo di chiesa, portando nella comunità cristiana uno stile di ascolto, attenzione alle persone, comprensione, dialogo; essa cercherà di mettersi accanto a chi cerca e a chi cresce, con l’esempio e la vicinanza, con la parola e con la testimonianza di colei che vive cercando il Bene alla sequela di Gesù. Si tratta di sostenere i percorsi di fede, aiutando a intravvedere e acquisire i tratti di un’umanità profonda. Alla maternità si collega la chiamata all’educazione, come una madre appunto in una famiglia educa i suoi figli. Educare è una forma particolare di generazione, cioè quella fisica genere la vita e l’educazione genera al senso di essa e alla sua riuscita in umanità e spiritualità. Significa accoglienza verso quanti vogliono crescere e costruire la loro personalità in mezzo a mille proposte non sempre ricche di valori e significati profondi; significa poi accompagnare sperimentando quella dialettica materna di vicinanza/ lontananza, proposta/ silenzio. L’educare è prendersi cura dell’altro, sentirsi responsabile del cammino di coloro che ci sono affidati con attitudine materna. La donna può e deve contribuire a generare una società nuova e più materna custodendo e difendendo il primato della persona umana e del suo valore: ogni creatura è voluta per se stessa da Dio, cioè non in funzione del profitto o dell’efficienza. Avere questo senso della persona significa riconoscere il suo valore anche quando si presenta nelle forme più degradate, umiliate o compromesse, e credere che non è mai tempo perso quello dedicato a far emergere o riemergere la dignità di ciascuno; significa generare una cultura più aperta alle fasce deboli e povere della società e incentivare risposte concrete di aiuto e sviluppo. Vivere così significa donarsi vicendevolmente sull’esempio di Gesù, liberati dall’egoismo per poter amare e servire evangelicamente, insegnando agli uomini ad amarsi, perché, come si legge bene nella Lumen Gentium, “ Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse secondo verità e lo servisse nella santità”. Per vivere questa maternità non bastano le nostre sole forze della sensibilità femminile, del temperamento o le raccomandazioni moralistiche, ma servono la sapienza del vangelo, l’amore e lo spirito di Cristo per operare il bene. Ci viene in aiuto un’espressione di San Paolo ai Tessalonicesi: “ Siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre che ha cura delle proprie creature, e così affezionati a voi avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari”. Del resto, il dialogo con Dio non è mai  un dialogo tra due individui isolati, perché Dio è amore trinitario, è il creatore di tutte le cose. Gesù è il capo del corpo che è la Chiesa, il primogenito di coloro che risorgono dai morti ed essere in dialogo con Lui implica l’essere aperte a tutte le creature in un’attitudine a diventare dono per gli altri, e in ciò sta al fecondità.

Come diceva il Beato Giovanni Paolo II ad un convegno di consacrate: “ Amate i figli di Dio! Il vostro amore totale ed esclusivo per Cristo non vi distoglie dall’amore verso tutti gli uomini e tutte le donne, fratelli e sorelle, perché gli orizzonti della vostra carità sono gli orizzonti stessi di Gesù, che non è mai estraneo agli aneliti dell’umanità. Abbiate un cuore misericordioso e partecipe alle gioie e alle sofferenze dei fratelli, impegnatevi per la difesa della vita e la promozione umana. Voi che siete vergini per Cristo diventate madri nello spirito, cooperando con amore all’evangelizzazione dell’uomo e alla sua promozione”. Con queste parole così ricche per oggi concludo, con l’auspicio di aver condiviso un po’ con voi il mandato universale a generare maternamente ogni giorno e vi do appuntamento sul nostro sito http://ordovirginummantova.altervista.org e poi sulle frequenze di Radio Laghi la prossima settimana. Buone giornate e arrivederci!

 

 

4 puntata: LA DIOCESANITA

Cari ascoltatori, ben tornati al nostro appuntamento di approfondimento del carisma e dell’identità dell’Ordo Virginum e di riflessione su come queste realtà e questi doni siano presenti e da valorizzare anche nella vita quotidiana, secondo varie modalità, di ogni credente. Oggi in particolare approfondiremo la dimensione ecclesiale della diocesanità in cui esprimere i carismi della verginità, sponsalità e maternità. In virtù della consacrazione ricevuta dalle mani del vescovo diocesano, infatti, le vergini si configurano come Ordo diocesano ed è nella Chiesa particolare, fatta della sua storia, delle sue tradizioni e del suo cammino spirituale, che incontrano concretamente lo Sposo Gesù e a Lui si dedicano. Il primo servizio reso alla Chiesa è la consacrazione stessa, fatta a lode di Dio e testimonianza del Regno futuro; poi nella scelta e nell’offeta di altri servizi ministeriali o caritativi, che possono essere di diverse tipologie, occorre tenere presenti il cammino pastorale della chiesa locale, le eventuali richieste e necessità ecclesiali e le proprie disposizioni personali. Il legame con la  diocesi passa attraverso il rapporto con il Vescovo, quale padre e pastore, segno di unità e garante della comunione con la chiesa universale: a lui spetta il delicato compito di discernere le vocazioni, ammettere le candidate, celebrare il rito di consacrazione e sostenere il loro cammino. Egli nomina un suo delegato per l’accompagnamento delle consacrate, con le quali si incontra periodicamente per la formazione specifica e permanente, aiutandole a concretizzare tale forma di consacrazione in modo personale, a seconda dei carismi di ciascuna, e favorendo un cammino unitario all’interno dell’Ordo diocesano.  Un  obiettivo importante è quello di formarsi ad amare la chiesa e trovare ogni modo per vivere in essa un rapporto immediato con tutte le realtà che la costituiscono; infatti non si può amare Cristo, il Capo, lo Sposo, senza amare la Chiesa, suo corpo e sua sposa. Come una donna sposata forma una sua famiglia e la religiosa fa riferimento ad una comunità o congregazione o istituto, la vergine consacrata nell’Ordo Virginum sceglie di assumere quei connotati che hanno caratterizzato la vita terrena di Gesù educandosi ad avere la diocesi come famiglia. Ed è appunto questa famiglia il terreno fertile dal quale traggono alimento le varie espressioni di vita cristiana, accogliendosi e aiutandosi reciprocamente. Questo paragone con il campo che abbonda di frutti diversi è ben espressa anche da sant’Ambrogio che afferma: “ è il campo della Chiesa quello fecondo di diversi prodotti: qui vedi gemme da cui nasce il fiore della verginità, là vedi la vedovanza dotata del vigore della gravità come le forestein aperta campagna, altrove le messi che riempiono i magazzini del mondo, come il frutto abbondante del matrimonio”. In questa famiglia grande si cresce camminando insieme e per portare avanti l’impegno dell’evangelizzazione e della testimonianza della carità non si può fare a meno di una vita comunitaria concreta e autenticamente vissuta. La figura della vergine come sposa di Cristo e medre dei figli di Dio sta al cuore della vita diocesana per la sua specifica funzione di creare comunione, prima ancora delle scelte concrete di impegni: deve costruire la comunione tra ogni realtà ecclesiale e aiutare a diventare appassionati di unità. Del resto, il tema della Chiesa come comunione è stato ben approfondito dal Concilio Vaticano II, che descrive la Chiesa come popolo di Dio animato dal medesimo Spirito da doni e carismi diversi, in cui la comunione si compie e manifesta in una unitaria ricchezza di vocazioni che insieme cooperano all’edificazione del Corpo di Cristo, poiché la vocazione non è un privilegio ma una responsabilità e un servizio alla comunione. Camminare insieme non significa solo svolgere ciascuno il proprio compito, ma sentirsi corresponsabili gli uni degli altri. I molteplici carismi non esistono distinti o contrapposti tra loro, come se ciascuno coprisse un ambito proprio e chiuso; tutta la missione della Chiesa è in tutti, anche se diversamente, e questo ci deve guidare alla comprensione e alla condivisione. Occorre uno stile di vita di fraternità, apertura agli altri, accoglienza, collaborazione, misericordia, tenerezza, solidarietà, gratuità. La collocazione della vergine nella chiesa locale non passa attraverso  particolari forme guiridiche, in quanto è il rito stesso della Consecratio Virginum a fare di lei una nuova realtà nella famiglia diocesana. Come diceva il Cardinale Carlo Maria Martini, “l’Ordo Virginum è una realtà legata alla diocesi, non un’associazione nazionale o internazionale né un gruppo interdiocesano ; può naturalmente trarre vantaggio dalla conoscenza e dallo scambio con altre realtà affini, ma va affermato il suo radicamento nella Chiesa locale”.